lavoroworkvore
Villa di Toppo Florio
via Morpurgo, 6 Buttrio (UD)
orari di apertura
sabato pomeriggio ore 16.00 - 19.00
domenica mattina ore 11.00 - 13.00 e pomeriggio ore 16.00 - 19.00
aperta fino al 31 marzo
ingresso libero
info: 347.2713500 - info@spac.fvg.it - spac.fvg.it
collettiva a cura di Paolo Toffolutti
artisti:
Natacha Anderes
Paola Angerini
Niko Angiuli
Luca Armingero
Lucia Barbagallo
Neil Barbisan
Dario Bellini
Enrico Bernardis
Stefano Bettini
Stefano Cagol
Gianluca Codeghini
Andrea Contin
Leone Contini
Sabina Damiani
Laura Di Bidino
Iva Kontic
Ugo La Pietra
Juan Pablo Macias
Gianluca Marinelli
Sandro Mele
Maurizio Mercuri
Pierpaolo Mittica
Francesco Montenero
Tadej Pogacar
Fabio Sandri
Marco Secondin
Iacopo Seri
Eddie Spanier
Studio 203
Vedi Tu
Pleurad Xhafa
Sebastiano Zanetti
Immagini
dal mondo del lavoro e del lavoro nella società: il lavoro che sempre
più tende a scomparire, prima con l’automazione dei processi produttivi,
poi con l’informatizzazione dell’home-work, ora con i prossimi
definitivi cassa integrazione, mobilità e licenziamento. Anche
nell'immaginario – nel tempo e progressivamente – si è assistito alla
sparizione dell’immagine dell’umanità al lavoro.
Quel che la storia
dell’arte ci restituisce è spesso rappresentato da immagini di
propaganda di regimi totalitari e dittatoriali, impiegate sulle masse
per esaltare la produttività dell’attività lavorativa, per
monumentalizzare e sacralizzare, in un rito collettivo, la produzione di
massa di beni finalizzati all’accumulo della ricchezza.
La parabola
del lavoro in Italia dal boom economico ad oggi, vista attraverso il
suo immaginario, elaborato e criticato da artisti, critici, riviste,
collettivi, trasmissioni televisive, film che si sono approssimati ai
gruppi della Neoavanguardia, della Neoconcettualità, fino all’arte
relazionale, costituisce un panorama di punti di vista d’insieme che
difficilmente si riescono a relazionare.
Una mostra delle
contraddizioni, che da un recente passato di lotte, conquiste,
fallimenti, crisi e nuove speranze ci conduce a generazioni per le quali
potrebbe, paradossalmente, essere vietato lavorare.